Sergio ALBANO

Le geometrie del silenzio

Mostra “Le geometrie del silenzio”, dal 3 al 24 settembre 2023

I nostri orizzonti si allargano con una mostra dedicata al pittore torinese Sergio Albano purtroppo scomparso nel 2008.
“Le geometrie del silenzio” è il titolo della sua mostra che ci sembra meglio rappresentare le sue opere qui esposte.
E’ quindi con grande piacere che la commissione Arte dell’Associazione Costigliole Cultura A.P.S. propone la mostra di questo grande artista.
Associazione Costigliole Cultura

Sergio Albano nato nel 1939 a Torino è prematuramente mancato nel 2008. Dopo il diploma al Liceo Artistico ha completato la sua preparazione presso l’Accademia Albertina di Torino. Ha avuto molteplici interessi: dalla pittura alla didattica, alle attività editoriali. Ha creato una scuola di pittura “Il Gruppo d’Arte di Via Perrone” con il quale ha organizzato mostre di pittura e attività culturali.
Di lui hanno scritto:
A. Albani, M.G. Alemanno, P. Barsi, M. Bernardi, V Bottino, Caballo, M. Carazzato, L. Carluccio, M. Centini, M. Contini, M. Cusino, A. Dragone, L. Durando, M. Boido, Faussone, F. Ferrero, F. Ferzini, F. Lenotti, G.G. Massara, A. Mistrangelo, P. Levi, A. Oberti, M. Olivetti, F. Prestipino, G. Reverdini, A. Spinardi, B. Zancan.

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I colori di Sergio
L’ultima tavolozza di Sergio Albano è ancora lì, su un vecchio cavalletto: in un barattolino di vetro c’é dell’olio di lino crudo, a fianco una pinza stringe una lametta adoperata per procedere diritto col pennello lungo i margini. Un paio di pennelli fini sono appoggiati sul bordo di un piattino da caffè, con impastoiati gli ultimi colori. Colori adoperati per ritoccare il prato verde di un grande paesaggio montuoso, l’ultimo soggetto da lui dipinto: il grigio ricorda i suoi cieli temporaleschi, mentre il verde é quello dei campi di segale, dei prati di erba altissima, di quelli che si stendono a perdita d’occhio.
Tutto il suo universo è racchiuso nel grigio di quella conformazione rocciosa e nel verde di quegli e altri steli che, come in molte altre opere, popolano un mondo emblematico e quasi sacrale; dove, all’arcaica potenza della natura e dei suoi elementi, corrisponde l’immensità e un silenzio che l’arginano, in una sorta di compostezza solenne. Molte sono le ragioni alla base di questo equilibrio, volto a rappresentare perlopiù un universo ideale, una terra di matematiche convergenze, di contrasti cromatici impressi da una pennellata disinvolta, ma invisibile. Fra queste, la necessità di usare la pittura come strumento per rendere il mistero della natura, dipingendo qualcosa che andasse oltre l’illustrazione figurativa, così come poteva scorgerlo intorno a sé.
Questa mattina – scrive sui suoi appunti il 20 marzo 1978 – sono andato al Colle dell’Eremita, c’era ancora la neve. Il vento faceva tremare le betulle e portava nuvole grigie. Dal paese veniva un suono di campane. Faceva freddo, ma i prati erano verdi ed erano comparsi i primi fiori. Così, a tutto quello che può scorgere in essa, si sforza di dare forma e colore, facendo sì che il mistero abbia un odore e un sapore, che sia  “a portata dei sensi”, travalicando i confini della percezione visiva con l’inebriante odore di erba estiva, accarezzata dal vento o luccicante di guazza; riuscendo quasi a far percepire l’aria pungente e fredda sospesa sulla neve, ora tinta di azzurro dalle ombre della sera, ora inviolata, perfetta come smalto sotto il cielo di un blu oltremare. Le radici profonde dell’artista si intrecciano con i vividi ricordi dell’infanzia a Livorno Ferraris, dove era “sfollato” con la famiglia durante i giorni oscuri della Seconda Guerra Mondiale; ecco i toni dell’estate, trascorsa a sgranare le pannocchie o a giocare nel fienile, in alto, dove andavano a dormire
i gattini. La brace di una stufa nella stalla, dove le donne ricamavano al caldo e, nella primavera rigogliosa, le corse a perdifiato sulle “corde” delle risaie, insieme alla sorella Alba, che incorniciavano il riflesso del cielo.
Grazie all’uso del colore la drammaticità dei suoi personaggi e della natura è enfatizzata o smorzata, a seconda dei casi; così mentre le dita di una donna composta e algida tradiscono una certa tensione nervosa, un bosco profondo e verde, al limitare di campi assolati, si incunea geometricamente nella
collina. Anche i volumi architettonici acquistano una determinata importanza in base all’uso dei colori, sì da trasmettere sensazioni di libertà assoluta o di pesantezza e isolamento.
E’ questa ricerca costante di misura il nucleo centrale della sua arte: in un sogno che pare realtà, una misteriosa forza scaturita dalle profonde viscere della Terra, leviga la roccia sino a imitare l’architettura con interi blocchi di montagne. Sul firmamento non vi nuota più una nuvola, nei boschi le fronde non disegnano più cose favolose con giochi di luce ed ombra, il sole si è arrampicato, tingendo di toni caldi le grandi rocce rendendole simili a dimore ultraterrene.
Francesco Albano. Grugliasco, luglio 2023